giovedì 28 aprile 2016
martedì 19 aprile 2016
giovedì 7 aprile 2016
Frammenti
L’opera da me presa in esame è l’Università di Legge di
Loyola, a Los Angeles, di Frank O. Gehry.
Gehry nasce a Toronto nel 1929, e si trasferisce a Los
Angeles nel dopoguerra, e verso la fine degli anni ’70 inizia un lungo
percorso, che lo porterà ad una serie di profonde riflessioni sull'architettura
contemporanea. Ci troviamo in un contesto storico molto movimentato, sia per
ragioni politiche sia per ragioni proprie dell’architettura, per questo motivo si
tratta di una fase di sperimentazioni e ricerche per molti. Gli architetti prendono
consapevolezza in questi anni dell’importanza del tema ambientale, di come la
città e il territorio non possano estendersi, ma soprattutto consumarsi, all'infinito
poiché le risorse a nostra disposizione sono limitate. Proprio a partire da
considerazioni come queste, Gehry focalizza il suo lavoro sul tema del paesaggio,
che egli stesso definisce come cheapscape.
Il cheapscape per
Gehry è un paesaggio “materico”, a cui infatti accoppia il binomio “architettura-costruzione”
intesa non solo in termini logici, ma anche come montaggio di pezzi
indipendenti tra loro, sfruttando anche materiali di riciclo. In questa fase
del suo percorso Gehry sperimenta per separazioni e fenditure, come uno
scultore scava nella materia, egli scava nell'architettura.
Tutto ciò si manifesta nella Loyola Marymount University’s
Law School (1978-91), di cui i primi schizzi risalgono al 1978, ma le prime edificazioni
sono successive al 1983. Gehry viene chiamato a redigere il piano di sviluppo
della scuola, e il suo “bang” fu quello di inserire i servizi richiesti in
edifici di piccole dimensioni, disponendoli su un’area centrale aperta. Il
risultato, come egli lo descrive in un’intervista, è “un raggruppamento di
edifici come un’acropoli”, che costituisce una sorta di campus in miniatura, dalle
proporzioni e dalle facciate abbastanza ridotte lungo la strada principale, che
si armonizzano perfettamente con la città all'esterno.
Qui la distinzione e la diversificazione delle attività sono
il motore della soluzione architettonica del progetto, il cui risultato porta in
luce un altro importante aspetto, ovvero una nuova concezione dello spazio
pubblico: sono gli edifici nel loro insieme architettonico a formare e plasmare
lo spazio aperto. Infatti, non sono importanti i singoli edifici ma lo spazio
che essi, nel complesso, creano; la strada interna è irregolare, spesso
obliqua, che inaspettatamente si interrompe per dare spazio a piazzette e piccoli
luoghi di aggregazione, originando moti vitali tra studenti e docenti.
Queste
giaciture richiamano il taglio di un incisore, uno spazio cavo quasi scultoreo,
accentuato dall'inserimento di quattro fusti cilindrici sulla piazza, a metà
tra la colonna e la scultura urbana. In questo progetto Gehry mette in
discussione ogni elemento, a partire dal passato con quei cilindri, fino ad
arrivare al concetto di frammentarietà materiale delle funzioni, per generare
una nuova tipologia di spazio aperto, una nuova scena urbana.
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